Il silenzio del ponte

Ponte carrabile Robecco

Un paese diviso in due; al di qua e di là dal ponte… in pochi, complice anche il freddo di questi giorni, azzardano passeggiate lunghe a piedi per recarsi nei negozi abituali; si sceglie di fare acquisti negli esercizi commerciali di quartiere, dove ci sono.

I commercianti, a seconda del settore merceologico di appartenenza, lamentano una perdita di vendite dal 30% fino all’80%.

Per i beni durevoli l’impatto non sembra essere così drammatico, per ora.

Per i beni di consumo freschi, invece, la riduzione delle vendite è decisamente più importante. Negozi di generi alimentari diversi, dalla carne al pane, sono penalizzati dalla mancanza di gente di passaggio per un duplice motivo: le mancate vendite da una parte e dall’altra anche, nelle ore del tardo pomeriggio, la paura di essere soli in negozio e subire l’aggressione di malintenzionati.

A soffrire molto sono le edicole, che vivono sul passaggio continuo di gente, e che offrono un prodotto pagato in anticipo; l’invenduto verrà rimborsato loro, ma solo tra alcuni mesi; c’è in gioco la liquidità di cassa tra venduto e anticipato.

Bar e trattorie: quei residenti di Robecco, abituati a consumare con tranquillità durante la giornata un caffè insieme agli amici, ci sono ancora; mancano invece tutti coloro che si fermavano durante il transito verso altre destinazioni.

Tutti gli esercenti riportano che occorre uno sforzo organizzativo supplementare, per gestire quella che, per alcuni, sta diventando una vera emergenza, già a pochissimi giorni dal blocco del transito. In molti sono drammaticamente preoccupati e “arrabbiati” per una chiusura che trovano ingiustificata e che forse, suggeriscono, poteva essere gestita in modo diverso, in altri periodi, con altre modalità, con l’istituzione di sensi unici alternati.

Certo è che accontentare tutti è praticamente impossibile; gestire una situazione di emergenza comporta delle decisioni impopolari in vista di un bene, si spera, maggiore. Vedremo come andrà nelle prossime settimane.

C’è chi, cautamente, ipotizza che i primi giorni siano i più difficili e che piano piano la situazione si stabilizzerà consentendo una ripresa e una organizzazione diversa del lavoro, ma durante le interviste i più tornano dolentemente a lamentarsi delle pesanti perdite nelle vendite… qualcuno ipotizza anche che, se i lavori dovessero durare più delle tre settimane preventivate, si rischia la chiusura dell’attività commerciale.

Paola Mazzullo

www.paolamazzullo.it

L’articolo è stato pubblicato su La Libertà del 13 gennaio 2017, pag. 6